Nonostante la politica dei tassi di interesse, i saldi depositati sui conti correnti continuano a non maturare interessi. In poche parole, i rendimenti dei conti correnti continuano a essere assenti. L’anno 2023 ha segnato una svolta per le banche italiane in termini di prestazioni economiche. A guidare questa rinascita è stata la politica monetaria rialzista della Banca Centrale Europea (BCE) che ha avuto effetti positivi sui margini di interesse e ha contribuito alla riduzione significativa del costo del rischio. Una ricerca condotta dalla Fondazione Fiba ha sottolineato che i principali istituti bancari italiani, tra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm, hanno visto una crescita netta del 66% rispetto all’anno precedente.

Rendimenti dei conti correnti ancora latitante

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Tuttavia, a fronte di questi incrementi, la questione del rendimento dei conti correnti rimane al centro del dibattito. Nonostante l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE, molte banche continuano a offrire rendimenti pari a zero sui conti correnti. Questo fenomeno sembra paradossale, soprattutto considerando il fatto che nel 2022 la BCE aveva iniziato a offrire una remunerazione positiva sulla liquidità in eccesso depositata dagli istituti bancari.

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Il paradosso del tasso zero

Nel contesto attuale, molte famiglie italiane hanno conservato ingenti somme nei loro conti correnti nonostante i bassi tassi di interesse. L’Abi ha rivelato che il tasso medio praticato sui depositi in conto corrente era solo dello 0,32% a giugno, un incremento rispetto allo 0,02% dell’anno precedente. Questa situazione ha portato esperti come Angelo Baglioni dell’Università Cattolica di Milano a sottolineare la necessità di una maggiore remunerazione per i depositanti.

Rendimenti conti correnti: il confronto con lo scenario internazionale

Mentre in Europa la situazione rimane tesa, negli Stati Uniti i conti correnti offrono rendimenti mediamente superiori. La domanda che sorge spontanea è: perché in Italia i risparmiatori sembrano accontentarsi di rendimenti così bassi? Una possibile risposta potrebbe risiedere nella tradizionale riluttanza degli italiani a spostarsi tra diverse opzioni bancarie.

Da parte loro, le banche difendono le loro decisioni citando costi più elevati associati alla raccolta di fondi. Tuttavia, le critiche riguardo al mancato passaggio dei benefici della politica monetaria ai clienti persistono. Le dichiarazioni fatte da Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, rivelano una netta distinzione tra conto corrente e conto deposito, sottolineando che il primo è un servizio, mentre il secondo un’opzione d’investimento. “Bisogna distinguere il conto corrente, che è uno strumento di servizio, dal conto deposito, se si vogliono far rendere i quattrini bisogna metterli in un conto di deposito”, aveva detto, anche se all’estero i saldi sui conti correnti di diverse banche generano comunque dei rendimenti, anche minimi, mentre qui si contano sulle dita di una mano i conti correnti con interessi attivi.

I correntisti si allontaneranno dalle banche?

Con il governo italiano che esorta le banche a garantire condizioni più eque ai depositanti e con gli azionisti delle banche che godono di generosi dividendi, è chiaro che il settore bancario italiano è a un bivio. La scelta tra rendimenti più elevati per i depositanti e maggiori profitti per gli azionisti potrebbe creare nuove tensioni: da un lato, potrebbe spingere i risparmiatori meno timorosi del rischio a valutare altre opzioni di investimento facendo uscire liquidità dalle banche, dall’altro potrebbe consolidarsi l’immobilità degli istituti di credito nei confronti dei propri clienti. Ma la tensione potrebbe sfociare nella ricerca di alternative, a patto di voler veramente conoscere soluzioni di investimento più redditizio e abbandonare l’analfabetismo finanziario.