La Corte Costituzionale è stata chiamata di recente a pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 173 del DPR 156/1973. Tale articolo stabiliva la possibilità di modificare, anche in senso peggiorativo, con relativi decreti ministeriali e unilateralmente, i tassi di interesse di una o più serie di buoni fruttiferi postali emesse precedentemente rispetto al medesimo decreto ministeriale. La Corte Costituzionale ha fatto notare che la previsione che permetta al Ministero di cambiare (in peggio) i rendimenti non operasse in modo retroattivo. Infatti, la variazione peggiorava del tasso di interesse dei buoni era valida solo per il futuro, a partire dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso. 

Buoni fruttiferi postali: tassi di interesse al ribasso, peggioramento è legittimo

buoni fruttiferi postali rendimento peggiorato legittimo

Il fatto che il Ministero potesse variare il tasso di interesse su un particolare tipo di buono rendeva questa eventualità prevedibile al momento della sottoscrizione da parte del risparmiatore. Questo significa, come sottolinea l’Arbitro Bancario Finanziario nella sua relazione annuale relativa ai ricorsi presentati, che il titolare del buono non potesse fare affidamento sul rendimento originario, dovendosi attendere invece una possibile riduzione.

La Corte Costituzionale ha ribadito la natura dei buoni fruttiferi postali come “documenti di legittimazione”, potendo pertanto subire la modifica del tasso degli interessi stabilito originariamente in base ai decreti ministeriali successivi. Pertanto, il peggioramento dei tassi retroattivi non risulta incostituzionale. Piuttosto, la previsione imposta dal succitato DPR “rappresenta un giusto bilanciamento tra la tutela del risparmio e l’esigenza di contenimento della spesa pubblica, introducendo la possibilità di adeguare la redditività dei buoni fruttiferi all’andamento dell’inflazione e dei mercati”.

LEGGI ANCHE – Buoni fruttiferi postali anni Ottanta con tre timbri: quando spetta il rimborso

Quando i rendimenti dei buoni fruttiferi postali salivano

buoni fruttiferi rendimento rialzo

La questione dei rendimenti al ribasso è piuttosto nota, così come quella dei ricorsi presentati dai risparmiatori, alcuni dei quali vinti, in merito ai rendimenti legittimi di buoni trentennali. In un vecchio articolo scritto da Beppe Scienza su Il Fatto Quotidiano, infatti, si afferma che fino al 2000 “gli interessi dei buoni postali ordinari trentennali potevano essere modificati con un decreto del Tesoro” e che “per ben tre volte essi vennero alzati”. Ciò avvenne, più precisamente, nel 1974, nel 1976 e nel 1981, rispettivamente per le serie L, M e N. Poi è avvenuto il ribasso con il decreto ministeriale del 13 giugno 1986, che di fatto ha dimezzato gli interessi dei buoni fruttiferi, e che oggi è arcinoto perché oggetto di ricorsi e delle cronache quotidiane e giuridiche che parlano di buoni fruttiferi postali. Con quei rialzi (e successivi ribassi), comunque, la politica ministeriale ragionava secondo una logica di mercato come spiegato anche dalla Consulta: il Tesoro, infatti, “aumentava gli interessi quando inflazione e rendimenti di mercato erano saliti, per ridurli se poi erano scesi”.

LEGGI ANCHE – Buoni fruttiferi postali Serie Q e Q/P: rimborsi e ricorsi, cosa succede

Bfp: tassi di interesse aggiornati a oggi

Concludendo, per vedere quanto rendono oggi i buoni fruttiferi postali, cliccando su questo articolo potrai vedere le condizioni economiche aggiornate all’estate 2022.

Resta aggiornato sulle novità sui buoni fruttiferi postali Canale Telegram