L’Arbitro Bancario Finanziario ha pubblicato la consueta relazione annuale sui ricorsi presentati presso i vari Collegi nell’anno 2019, analizzando come il numero dei ricorsi che hanno avuto come oggetto i buoni fruttiferi postali hanno registrato un importante incremento rispetto all’anno precedente. L’aumento è stato del 12%, considerando che nel 2018 sono stati presentati circa 1.000 ricorsi sui Bfp, mentre l’anno seguente ne sono stati presentati 2.700 (e anche il trend del primo quadrimestre 2020, nonostante il lockdown, sembra seguire la stessa direzione). Resta tuttavia da precisare che sul numero totale dei ricorsi presentati per i Bfp presso l’ABF, le decisioni favorevoli hanno rappresentato all’incirca il 58% della torta complessiva, per un valore totale di 11 mila euro circa.

Buoni fruttiferi postali: la relazione annuale dell’Abf (anno 2019)

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Nella sua relazione annuale sull’attività effettuata nel 2019, l’Arbitro Bancario Finanziario ha dedicato un intero capitolo alle vicende e alle questioni più importanti dell’anno relative ai Bfp. Andiamo ad analizzarle, iniziando con questo articolo e, in particolare, con le condizioni di rendimento e la normativa tributaria. Stiamo parlando degli ormai famigerati buoni fruttiferi della serie Q e della Serie Q/P, oggetto di tanti ricorsi da parte dei risparmiatori (e di rimborsi e risarcimenti da parte di Poste Italiane in diversi casi).

Buoni fruttiferi postali: condizioni di rendimento e normativa tributaria, il caso

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L’Abf ha reso noto che il Collegio di coordinamento si è pronunciato sulla determinazione dei rendimenti dei Bfp della Serie Q, anche nell’ipotesi in cui l’emissione abbia riguardato i moduli della precedente serie P, ovvero i cosiddetti buoni postali della Serie Q/P (qui abbiamo scritto un articolo legato alla importante sequenza di ricorsi e rimborsi relativi proprio a questo tipo di buoni). L’Abf prende come riferimento il caso di un risparmiatore che aveva sottoscritto un buono fruttifero della serie Q/P su cui erano stati apposti un timbro sulla parte anteriore, che indicava la nuova Serie Q, e un timbro sulla parte posteriore, che indicava i nuovi tassi di interesse della Serie Q per i primi 20 anni di rendimento del titolo.

Il cliente che aveva presentato ricorso aveva chiesto il rendimento maggiore come indicato sul retro del titolo, riguardante la Serie P, per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno di sottoscrizione. Poste Italiane, invece, affermava che ai buoni della Serie Q/P sono riconosciuti i tassi di interesse previsti per la Serie Q per tutto il periodo di rendimento dei titoli, e quindi anche per gli ultimi dieci anni di sottoscrizione.

Prendendo come riferimento la sentenza n. 13979/2007 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, il Collegio ha ribadito che “le condizioni indicate sul titolo devono prevalere quanto questo è stato emesso in data successiva all’emanazione di un provvedimento modificativo delle condizioni di cui al buono medesimo”. Inoltre è stato precisato che i buoni fruttiferi postali risultano essere “documenti di legittimazione” e dunque svolgono la loro funzione solamente in sede di esercizio del diritto, consentendo l’identificazione della persona avente diritto alla prestazione. Sul rendimento mancante relativo all’ultimo decennio di sottoscrizione, l’intermediario opponeva che il minor rendimento era causato dall’applicazione della normativa fiscale.

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Tuttavia il Collegio ha risposto affermando che “la disciplina fiscale viene in rilievo esclusivamente ai fini della quantificazione dell’importo dovuto al sottoscrittore, confermando la propria competenza per materia sulla richiesta avanzata dal cliente”. Facendo riferimento alla natura di documenti di legittimazione dei Bfp è stato decretato che bisogna considerare la normativa fiscale precedente e anche successiva all’emissione dei buoni.

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Pertanto l’Abf ha accolto la richiesta del cliente permettendo il riconoscimento dell’importo quantificato dallo stesso cliente, respingendo però la sua domanda sul buono della Serie Q, su cui il risparmiatore aveva chiesto un rendimento maggiore, ma a cui bisognava fare riferimento alla normativa fiscale succitata (e che implicava quindi un rendimento minore).