In questi ultimi giorni si sente parlare spesso di prelievo forzoso dal conto corrente per l’emergenza Coronavirus. In questa prima fase di crisi, tuttavia, il governo sta prendendo una direzione totalmente opposta: quella degli aiuti. Discutibili o meno nelle modalità e nei tempi, considerando anche le risorse in cassa, nei mesi di aprile e maggio i lavoratori, i cittadini e le imprese stanno ricevendo liquidità di sostegno nel tentativo di superare indenni questa crisi. Eppure molte attività professionali (ristoranti in primis, ma non solo) stanno pensando di chiudere o hanno già chiuso i battenti, perché anche nel periodo di convivenza con il Coronavirus (la tanto agognata Fase 2) sarà molto difficile ripartire come prima considerando tutte le misure cautelative da adottare, che da un lato respingeranno la clientela, dall’altro limiteranno gli afflussi giornalieri e quindi le entrate. Eppure ci sarà un tempo in cui il Paese dovrà reagire: la crisi economica che si prospetta sarà profonda e drammatica e ci colpirà duramente nel secondo semestre 2020. Cosa succederà durante questo periodo?

Prelievo forzoso dal conto corrente: le dichiarazioni dei politici

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L’Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) ha stilato un elenco di dichiarazioni da parte dei politici che conducono tutte a un interrogativo: di cosa stanno parlando? “Per sostenere le spese dell’emergenza Coronavirus, sanitarie ed economiche, l’idea di una imposta patrimoniale, un tributo commisurato al patrimonio complessivo di ciascun contribuente, si affaccia nella mente dei nostri esponenti politici”, scrive l’associazione. Viene così citato il premier Giuseppe Conte, che interrompendo le trattative al Consiglio europeo aveva promesso che, in caso di mancati e consistenti aiuti, il popolo italiano avrebbe fatto da solo. “Faremo da soli”, insomma, ma come? Il leader della Lega Matteo Salvini ha affermato che invece del Mes, chiederebbe i soldi agli italiani per far ripartire il Paese, tramite però Buoni del Tesoro sottoscrivibili solo da noi. Un’ipotesi che però lascia diversi interrogativi sulla quantità di risorse e sarebbe certamente più lunga e meno sicura di un prelievo forzoso improvviso. Anche il viceministro dell’Economia Antonio Misiani (PD) ha parlato di “patto tra risparmiatori, Stato e sistema produttivo”, senza dunque il bisogno di ricorrere a patrimoniali. La proposta è quella di inventare “strumenti che permettano di convogliare queste risorse verso l’economia reale”. Strumenti che potrebbero tradursi nell’emissione di “titoli a lunghissimo periodo per raccogliere risorse da destinare al rilancio e alla ripartenza del Paese”.

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Prelievo forzoso: il caso storico del 1992

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Il caso storico di prelievo forzoso dal conto corrente avvenuto in Italia risale al 1992. Sul finire della prima decade di luglio, il governo Amato dalla notte al giorno operò un prelievo forzoso dai conti correnti di tutti gli italiani indiscriminatamente. Il prelievo fu del 6 per mille. La motivazione di questa azione fu data dal fatto che mancavano delle risorse economiche per finanziare una manovra correttiva dei conti ed evitare così il fallimento del Paese. Stiamo parlando però del 1992, quando l’Italia (e solo l’Italia) era destinata ad affrontare una crisi economica senza aiuti esterni. Oggi c’è l’Europa e ci sono diverse soluzioni, come il Meccanismo europeo di stabilità (ma non solo), soddisfacenti o meno, che non rischiano di lasciare solo il Paese. Insomma, non abbiamo la pistola puntata alla testa, almeno per il momento.

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I risparmi sul conto corrente la vera ricchezza del Paese?

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Dunque, come abbiamo visto in precedenza, la politica al momento sembra allontanare e rendere remoto qualunque rischio di prelievo forzoso dai conti correnti o patrimoniale. A invocare lo spettro del prelievo forzoso sono invece altri tipi di personalità, che sperano di attirare e convincere parte dell’opinione pubblica con una proposta shock. È il caso del fondatore di Eataly, Oscar Farinetti, che in un’intervista al Fatto Quotidiano ha affermato quanto segue: “Noi abbiamo in banca, parlo di noi italiani, 4.117 miliardi di euro. Siamo risparmiatori fortissimi, tra i migliori al mondo. Abbiamo nelle nostre mani il 5,4% della ricchezza mondiale. Se contribuissimo alla ricostruzione versando il 2% di questa bella montagna di quattrini, manderemmo nelle casse dello Stato – una tantum – 82 miliardi di euro. Una cifra rispettabile con la quale possiamo sfangarla e ripartire”. Una patrimoniale, insomma, ben più pesante di quella attuata dal governo Amato, ma che Farinetti vorrebbe chiamare in un altro modo, magari trovando un nome “più suadente”, eppure non nascondendo un possibile problema. “Chi spenderà quei soldi? Saranno maciullati dalla burocrazia oppure torneranno in circolo nel corpo degli italiani?

Favorevole a una patrimoniale anche il leader delle Sardine, Mattia Santori. A inizio aprile, ospite a Otto e Mezzo, ha definito la patrimoniale un “patto di solidarietà”. Un nome più suadente, come direbbe Farinetti, per convincere la popolazione “a fare da soli”. Per Santori, quindi, “andrebbe chiesto a tutti l’1%”, anche perché “con questa Europa è difficile costruire accordi sulla fiducia. C’è l’impressione che la solidarietà che oggi ti viene data, la pagherai in futuro a caro prezzo”.

Prelievo forzoso e patrimoniale, sullo sfondo l’Europa

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Per adesso, quindi, la politica allontana la patrimoniale, ma forse solo perché è una “brutta parola” che toglie voti (dopotutto gli italiani pagano già diverse “patrimoniali”) e suscita brutti ricordi. Come scritto sopra, tuttavia, oggi c’è qualcosa che nel 1992 non c’era: l’Europa. E non è detto che sia necessariamente un freno.