Il PEPP (Pan-European Personal Pension Product) è la pensione personale “standard” creata dall’UE per accompagnare chi vive, studia o lavora in Paesi diversi senza perdere continuità nei versamenti. Ha regole comuni, un’opzione base con costi calmierati e un meccanismo di portabilità tra Stati. Vediamo in parole semplici come funziona, quanto costa davvero e quando ha senso per un risparmiatore italiano.
Indice
Cos’è il PEPP (in breve)
Il PEPP è un prodotto pensionistico individuale volontario con regole europee uniformi. Ogni fornitore (banca, SGR, assicurazione, fondo) deve offrire almeno il Basic PEPP, cioè un’opzione “default” con tecniche di mitigazione del rischio (life-cycle o garanzia di capitale) e informative standardizzate. Il PEPP è registrato a livello UE e i prodotti autorizzati compaiono in un registro centrale EIOPA.
Portabilità “vera”
Se ti trasferisci in un altro Paese UE, puoi aprire un sotto-conto nazionale presso lo stesso fornitore (se attivo in quel Paese) e continuare a versare senza ricominciare da zero. Inoltre, hai il diritto di cambiare fornitore dopo almeno 5 anni (e poi ogni 5), con costi di switching cappati per legge.
Costi e tutele PEPP: cosa dice la legge UE
C’è un tetto ai costi del Basic PEPP: il totale annuo (gestione, amministrazione, distribuzione e investimento) non può superare l’1% del capitale accumulato. È un limite di legge, non una promessa commerciale.
Per quanto riguarda il cambio fornitore, come accennato in precedenza, è possibile farlo dopo 5 anni (poi ogni 5). Le commissioni di trasferimento sono cappate allo 0,5% dell’importo trasferito.
In merito alla trasparenza, punti di riferimento sono il documento informativo standard (KID), la rendicontazione periodica e la comparabilità tra offerte nel registro UE. L’obiettivo è rendere chiaro cosa paghi e che rischio assumi.
Infine, una nota sul mercato: l’adozione cresce ma resta graduale. A settembre 2025 l’autorità EIOPA ha infatti proposto ulteriori miglioramenti per rafforzare l’offerta e l’uso del PEPP in Europa.
PEPP in Italia: disponibilità e (soprattutto) fiscalità
L’Italia ha recepito/attuato la cornice normativa sul PEPP e ne disciplina vigilanza e distribuzione. Ciò consente agli operatori abilitati di offrire PEPP anche ai residenti italiani.
In merito alla fiscalità, il regolamento UE non armonizza le imposte: la tassazione resta nazionale. In pratica, ogni Paese decide se e come concedere benefici fiscali ai PEPP, eventualmente allineandoli alle forme pensionistiche domestiche.
Per l’Italia, la piena equiparazione automatica alle agevolazioni di fondi pensione/PIP non è prevista dal regolamento UE: va verificato caso per caso sul prodotto e con il consulente fiscale (deducibilità, imposta sui rendimenti e tassazione del capitale in uscita dipendono dalla normativa vigente e dall’inquadramento concreto).
Quando ha senso (e quando no) per un italiano
Ha senso se:
- Prevedi mobilità internazionale (studio/lavoro in più Paesi UE) e vuoi portabilità senza spezzare la storia contributiva;
- Cerchi un “default” a costi calmierati (Basic PEPP con tetto all’1%) e documenti comparabili a livello UE;
- Vuoi la possibilità di cambiare fornitore con costi di trasferimento limitati dallo 0,5%.
Può non essere la prima scelta se:
- Il tuo obiettivo principale è massimizzare i benefici fiscali italiani oggi disponibili su fondi pensione/PIP (contributi deducibili, regole su rendimenti e prestazioni): prima di optare per un PEPP, valuta attentamente il trattamento fiscale effettivo applicabile al prodotto che stai considerando;
- Hai già una forma pensionistica complementare italiana sostenuta dal datore di lavoro (es. TFR, matching, contrattazione collettiva).
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