Esistono fondi pensione aperti e fondi pensioni chiusi. Cosa sono esattamente e quali sono le principali differenze? Partiamo dal principio.

I mutamenti sociali e demografici che hanno investito il nostro Paese e una fragilità economica sempre più evidente, hanno indotto il nostro esecutivo a modificare più volte, negli ultimi vent’anni, le norme che regolano l’accesso ad trattamento pensionistico ed a cambiarne anche le modalità di calcolo.

Alla luce di una crescente situazione di difficile sostenibilità per le esigue casse statali, il legislatore con il Decreto Legge numero 252 del dicembre 2005, ha disegnato le linee guida atte a normare in modo univoco le forme di previdenza complementare che l’articolo 1 definisce necessarie allo scopo di garantire un maggior livello previdenziale ai cittadini.

Cos’è un fondo pensione?

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Il fondo pensione è una forma di investimento che ha come obiettivo principale quello di garantire al risparmiatore una rendita integrativa al raggiungimento dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico.

Si tratta, dunque, di una forma di previdenza complementare che si affianca e non sostituisce la previdenza obbligatoria e, per tale ragione, si basa esclusivamente su forme di adesione volontaria.

I fondi pensione sono, attualmente, di tre tipologie differenti:

1. Fondi pensione chiusi (o negoziali)
2. Fondi pensione aperti
3. Piani pensionistici individuali (PIP).

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Fondi pensione chiusi

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I fondi pensione chiusi sono disciplinati all’articolo 3 del Decreto Legge 252 del dicembre 2005 e vengono individuati come associazioni senza scopo di lucro nate in seguito a contratti collettivi di lavoro (o contratti aziendali) e le sigle sindacali.

Si tratta, dunque, di fondi riservati ed accessibili soltanto a specifiche categorie di lavoratori ed ai loro familiari; per questa ragione sono conosciuti anche con il nome di Fondi di categoria.

Tra i fondi pensione chiusi più conosciuti, il FONCHIM è destinato ai lavoratori del settore chimico ed il COMETA è riservato ai metalmeccanici.

L’adesione ad un fondo pensione chiuso deve avvenire entro 6 mesi dall’assunzione ed è irreversibile.

La contribuzione ad un fondo di categoria avviene destinando allo stesso la quota del trattamento di fine rapporto (non obbligatoria) al quale si aggiungono una quota a carico del lavoratore ed una, più alta, a carico del datore di lavoro.

In caso di perdita o cessazione dell’impiego, in ogni caso, è possibile mantenere comunque la posizione aperta.

L’adesione ad un fondo pensione di categoria implica l’assunzione della carica di socio dello stesso; per questo motivo l’aderente avrà la possibilità di intervenire direttamente nell’elezione degli orgnani amministrativi dello stesso.

Fondi pensione aperti

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I fondi pensione aperti sono una forma di previdenza complementare gestita da enti autorizzati (Banche, assicurazioni e SIM) destinata, senza vincoli, a qualsiasi categoria di lavoratori.

Il patrimonio dei fondi pensione si configura come entità distinta rispetto a quello dell’ente che lo gestisce, non può essere aggredito da creditori ed è destinato al pagamento esclusivo delle rendite previdenziali integrative.

L’adesione ad un fondo pensione aperto è libera, volontaria e consentita anche a soggetti che non hanno ancora raggiunto la maggiore età.

Come funziona un fondo pensione aperto?

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L’ammontare contributivo versato da ogni aderente viene accantonato in una posizione individuale ed investito, al netto degli oneri, in strumenti finanziari la cui natura e grado di rischio variano in relazione alla linea di gestione scelta all’atto della sottoscrizione (o eventualmente scelta in base alle possibili modificazioni consentite durante la vita del piano pensionistico).

L’andamento reddituale di un fondo pensione aperto, naturalmente, non è definibile a priori.

Le variabili che possono influire in misura determinante sul rendimento sono:

  • l’andamento del sottostante alla linea di gestione diretta conseguenza della curva dei tassi e dei mercati azionari;
  • la durata dell’investimento.

La prestazione finale erogata dal fondo pensione sarà diretta conseguenza dei contributi versati, dei costi sostenuti, del tempo dell’investimento e dall’andamento dei mercati finanziari.

Quanto costa un fondo pensione?

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L’incidenza dei costi è tutt’altro che irrilevante. Per individuare i costi, dunque, è sempre opportuno consultare il documento informativo che viene consegnato in sede di adesione.

In via generale ogni fondo prevede dei costi diretti a carico dell’aderente (oneri di adesione e quota annua) e dei costi indiretti (principalmente le commissioni di gestione). Altri oneri possono essere applicati in caso di anticipazione, riscatto o trasferimento della posizione.

In caso di incertezza, inoltre, è possibile consultare il sito web della COVIP ove si trova l’elenco dell’ISC (indicatore sintetico dei costi) e un comparatore dei costi delle diverse forme pensionistiche.

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L’erogazione delle prestazioni pensionistiche

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L’aderente avrà diritto ad accedere all’erogazione delle prestazioni previste dal fondo al momento della maturazione dei requisiti pensionistici fatto salvo i casi di anticipazione o riscatto straordinario previsti dalla legge.

Le prestazioni previste sono:

  • rendita vitalizia integrativa;
  • la metà del capitale maturato e l’altra metà in rendita vitalizia;
  • tutto il capitale se la rendita è minore del 50% dell’assegno sociale.

La fiscalità dei fondi pensione aperti

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Con l’ottica di favorire la diffusione della previdenza complementare, il legislatore ha previsto i seguenti benefici in ordine fiscale:

  • Deducibilità dei contributi versati dall’imponibile IRPEF fino a 5.164,57 Euro;
  • Rendimenti tassati al 20% anziché all’aliquota standard del 26%;
  • Capitale maturato o rendita integrativa tassata dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nel fondo.

In conclusione i fondi pensione aperti possono essere una buona opportunità di investimento in relazione alla tassazione agevolata, alle opportunità di rendimento significative e nell’ottica di conservare un buon introito reddituale anche durante la fase pensionistica. È innegabile, comunque, che non siano da considerarsi un investimento a breve termine e poco adatto a chi ha necessità di poter disporre del proprio capitale in ogni momento.