Periodicamente riceviamo delle email con cui ci viene chiesto di dare la giusta rilevanza ad un aspetto che spesso viene tralasciato quando si parla di titoli di stato italiani (BOT e BTP). Amici risparmiatori ci rimproverano di non riportare ogni volta che parliamo di BTP (e su RisparmiOggi lo facciamo spesso), l’annotazione sul rischio che si corre nel caso in cui dovessero scattare le clausole CACS.

C’è la possibilità di arrivare a perdere fino al 50% del valore dei BTP in portafoglio, ammoniscono molti risparmiatori. E in effetti come dare loro torto se su alcuni titoli di stato italiani è effettivamente presente questa spada di Damocle?

A questo punto chi non ha mai sentito in vita sua l’acronimo CACS potrebbe essere già in allarme. Di cosa si tratta e perchè mai questa clausole possono comportare un dimezzamento del valore del BTP in portafoglio? E se è vero che esistono, c’è un modo per poterle evitare o si possono solo subire?

Il punto non è se le clausole CACS possono scattare ma quello che succede ai BTP

statua di San Pietro
Essere informati sulle CACS è un dovere per ogni investitore: ecco cosa avviene ai BTP

Quando si parla di clausole CACS gli investitori che hanno un’attitudine prudente tendono a sdrammatizzare affermando che il rischio che questi meccanismo scattino è remoto e che quindi è un pericolo irreale e così via. Il punto non è questo. Le clausole ci sono e quindi possono scattare. Se scattano ci sono conseguenze pesanti sui BTP in portafoglio (ma non su tutti).

CACS sta per Collective Action Clauses (clausole di azione collettiva coercitiva) e indica le procedure che automaticamente si attiverebbero nel caso in cui ci dovesse essere una ristrutturazione del debito sovrano. Quel “coercitivo” fa oggettivamente paura e fa riferimento alla possibilità che lo Stato, dinanzi ad una situazione finanziaria grave, possa modificare il contratto siglato su ogni BTP venduto con l’acquirente modificandone i termini.

In che modo? Proponendo ad esempio di tagliare la cedola di un titolo fino al 50% del suo valore perchè solo in questo modo sarà possibile procedere al suo rimborso mentre in caso contrario c’è il rischio di perdere tutto. Ma lo Stato può anche decidere di proporre un allungamento della scadenza con il rimborso del capitale che avverrebbe oltre l’originaria durata stabilità nel contratto alla base del BTP.

Grazie alle CACS è sufficiente che una maggioranza qualificata di detentori di titoli si esprima a favore della proposta di modifica unilaterale che la decisione è vincolante per chi chiunque ha quei BTP in portafoglio.

Ecco perchè non ha senso chiedersi se la CACS possono scattare. Se dovessero farlo è meglio guardare ai BTP.

Le strade per evitare le clausole CACS

Le CACS fanno paura ed è sacrosanto. Ripetere ad ogni articolo a tema BTP che c’è il rischio di attivazione delle CACS etc etc non riteniamo comporti alcuna utilità. Chi inserisce in portafoglio BTP emessi dopo il 2013, in automatico sottoscrive le CACS. Non c’è possibilità di evitare questa imposizione se non quella di lasciare perdere i Buoni Ordinari del Tesoro oppure di inserire in portafoglio, ovviamente comprandoli sul secondario, BTP emessi prima del 2013.

Un’altra possibilità è quella di lasciar perdere i BTP e puntare invece sui BOT con durata inferiore ai 12 mesi che sono esenti dall’attivazione delle CACS.

Non ci sono altre strade a disposizione. Non è vero, come spesso si afferma, che sui titoli retail non siano previste CACS. Ci sono sul BTP Italia e ci sono pure sul BTP Futura. Quindi nel caso in cui lo Stato debba affrontare una ristrutturazione del debito, anche la gamma indirizzata alle famiglie ne subirebbe le conseguenze (sempre a discrezione dello Stato).

La verità è che progressivamente a partire dal primo gennaio 2023 e definitivamente dal 2022, su tutti i titoli di durata superiore ai 12 mesi ci sono le CACS.

I BTP con le CACS hanno rendimenti più alti

C’è anche un risvolto della medaglia quando parliamo di BTP soggetti alle clausole CACS: essi hanno rendimenti più alti. Non c’è nulla di cui stupirsi in questo. Lo Stato paga di più per ricompensare chi inserisce BTP soggetti alle clausole CACS in portafoglio.

Lo “scambio” è più che equo anche perchè l’attivazione delle CACS sarebbe il segnale che il Paese è alle prese con problemi gravissimi sia dal punto di vista economico che sotto il profilo finanziario. Una situazione alla “Grecia” di cui oggi non si vedono, per fortuna, segnali.

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Come verificare se i BTP in portafoglio possono perdere il 50% del valore

La regola è che i BTP emessi prima del 2013 non sono soggetti alle CACS. E se non si ricordasse l’anno? Non ci sono problemi perchè basta andare sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e consultare il prospetto informativo del titolo inserendo l’ISIN. Non serve fare altro. Non ci sono segreti di stato e clausole nascoste se si guardano i documenti ufficiali.

Ad ogni modo siamo andati a rastrellare tutti i BTP senza CACS che anche oggi si possono comprare sul MOT di Borsa Italiana. Ci sono 14 BTP..

Nella tabella in basso 4 colonne: tipo, ISIN, scadenza a rendimento.

TitoloISINScadenzaCedola
BTPIT000393465720374%
BTPIT000464473520264,5%
BTPIT000435684320234,75%
BTPIT000353515720345%
BTPIT000428696620395%
BTPIT000451364120255%
BTPIT000453255920405%
BTPIT000127851120295,25%
BTPIT000325682020335,75%
BTPIT000117461120276,5%
BTPIT000108656720267.25%
BTPIT000036672120338.5%
BTPIT000036665520239%
BTPIT000144437820316%
I BTP su cui non si applicano CACS

Giusto a titolo di esempio il BTP ISIN IT0004356843 scade ad agosto 2023 (è quello più prossimo temporalmente) e sul secondario ha un prezzo di 100,11 e un rendimento lordo a scadenza del 2,94%.

Tra i BTP senza CACS che scadono nel 2023 c’è che il Btp-1nv23 9% in scadenza a novembre con rendimento effettivo a scadenza netto del 2,94%. I rendimenti sono bassi? E’ perchè non ci sono le CACS.