L’ETF Schwab US Dividend Equity (SCHD) è tra i fondi passivi più popolari al mondo con quasi 70 miliardi di dollari di asset in gestione e da sempre è un punto di riferimento per gli investitori che sono alla ricerca di stabilità e flussi cedolari costanti. Il 2025, però, si sta rivelando un anno difficile per questo ETF visto che la sua performance da inizio anno è praticamente nulla, in netta contrapposizione ai forti guadagni registrati invece dai principali indici di borsa statunitensi. Come si può spiegare questo paradosso? Per rispondere da questa domanda è necessario partire proprio dalle basi ossia dalla natura dell’ETF SCHD.
Indice
Un ETF costruito per la stabilità, non per la corsa
L’ETF Schwab US Dividend Equity è stato progettato con una logica prettamente conservativa: privilegiare società solide, con alle spalle una storia di dividendi sostenibili e bilanci robusti, in modo tale da garantire un buon dividendo cedolare. E in effetti l’ETF SCHD non sta sfigurando visto che offre un rendimento cedolare attualmente pari al 3,9%, ben oltre l’1,2% che invece è offerto dall’S&P 500.
Proprio grazie a questa sua “natura” nel corso del tempo all’ETF SCHD hanno iniziato a guardare tutti quegli investitori difensivi, dai giovani appena maggiorenni che possono investire solo piccole somme ai pensionati fino agli adulti che cercano un reddito periodico stabile.
Fin quando i mercati sono rimasti instabili alternando fasi di crescita a momenti di forte ritracciamento l’ETF Schwab US Dividend Equity ha ben assolto alla sua funzione ma in un contesto in cui, grazie soprattutto ai titoli tech, gli indici azionari passano da record in record, ecco che la strategia di SCHD ha mostrato tutti i suoi limiti rilevandosi quasi inadeguata a questo contesto toro.
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Perché il rendimento dell’ETF SCHD è piatto?
La ragione principale della sottoperformance è legata alla composizione del portafoglio e alla struttura dell’indice replicato. L’ETF Schwab US Dividend Equity limita il peso di ogni singola azione al 4% massimo, una regola che garantisce sempre la massima diversificazione possibile ma che al tempo stesso riduce l’impatto positivo dei titoli più performanti. Giusto per fare un’esempio e rendere tutto più chiaro, quotate come AbbVie o Cisco Systems, cresciute rispettivamente del 13% e del 20% su base annua, non riescono a incidere in modo significativo sul risultato complessivo dell’ETF e questo perchè il loro peso sull’ETF è contenuto.
Ora il problema si pone fino ad un certo finchè tutte le azioni dell’indice replicato comunque si muovono in rialzo ma nel paniere ci sono anche titoli che da inizio anno sono palesemente in difficoltà (Target, ad esempio, ha già perso il 43% da inizio anno oppure UPS che presenta un rosso del 17%) e i loro cali pesano sulla performance complessiva dell’ETF.
ETF SCHD Vs Nasdaq e S&P 500
Il paragone tra la performance dell’ETF Schwab US Dividend Equity e gli indici S&P 500 e il Nasdaq è impietoso. Mentre l’S&P 500 da inizio anno ha messo in cassaforte il 14% e il Nasdaq il 18%, l’ETF SCHD si trova fermo attorno allo 0% dimostrando, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’esposizione limitata ai titoli tecnologici, i veri protagonisti di questo bull market prolungato di Wall Street, rappresenti un freno alla crescita. Mentre l’indice S&P è dominato da giganti come Apple, Microsoft, Nvidia e Amazon, SCHD mantiene una composizione più “tradizionale”, centrata su settori come industria, sanità e beni di consumo.
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Rendimento da dividendi: vantaggio reale o illusione?
A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare, giustamente, ricordato che ETF come Schwab US Dividend Equity si mettono in portafoglio per i dividendi e non certo per i rendimenti.
E’ innegabile che il dividend yield alto continui ad essere uno dei principali punti di forza dell’ETF (forse l’unico di questi tempi), tuttavia essendo i tassi FED ancora alti (il primo taglio di 25 punti base c’è stato a settembre e non è detto che ce ne saranno altri nell’ultimo trimestre 2025, il vantaggio competitivo dei dividendi azionari si riduce. Un dato su tutti: attualmente i Treasury Usa offrono rendimenti attorno al 4,5%, un livello comparabile con quelli di questo ETF ma con il vantaggio che i titoli di stato americani vantano un profilo di rischio più basso.
Ed ecco spiegato perchè mentre i retail prudenti continuano a guadare all’ETF SCHD, gli investitori istituzionali stanno rivalutando l’effettivo premio di rischio offerto da strumenti come questo ETF.
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Il vero vantaggio dell’ETF SCHD è sul lungo periodo
Nonostante la delusione sul breve termine, l’SCHD conserva una funzione strategica importante all’interno di un portafoglio diversificato. La selezione di società di qualità, con dividendi sostenibili e volatilità contenuta offre protezione nelle fasi di mercato ribassiste e una fonte di reddito costante. Nel lungo periodo, questa impostazione tende sempre a premiare gli investitori più pazienti, anche se l’andamento recente ne ha offuscato il potenziale (il 2025, se il trend continua ad essere quello in corso, non sarà ricordato come l’anno dell’ETF SCHD). Vero è che in un ciclo di mercato dominato da settori growth, un ETF fortemente value e difensivo come SCHD non può che restare indietro, ma il suo punto di forza è nel lungo periodo. E’ che dà il meglio.
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