
Ricevere una comunicazione dalla propria banca che annuncia un aumento dei costi del conto corrente o una variazione dei tassi è un’esperienza comune e spesso frustrante. La domanda sorge spontanea: può un istituto di credito cambiare le carte in tavola senza il nostro consenso? Può effettuare modifiche unilaterali sul contratto del conto corrente? La risposta, secondo la legge italiana, è sì, ma questo potere, noto come ius variandi, non è assoluto. È regolato da norme molto severe contenute nell’articolo 118 del Testo Unico Bancario (TUB), pensate per proteggere il cliente. Conoscere queste regole è l’unico modo per capire se l’azione della banca è legittima e per far valere i propri diritti.
Indice
Modifiche unilaterali conto corrente: le 4 condizioni indispensabili per la validità della modifica
Affinché la banca possa modificare unilateralmente le condizioni economiche o normative di un contratto di durata come un conto corrente, deve rispettare scrupolosamente e contemporaneamente quattro requisiti fondamentali. Se anche solo uno di questi manca, qualsiasi modifica sfavorevole al cliente è da considerarsi inefficace.
Il primo presupposto è la previsione contrattuale specifica. La facoltà di modifica unilaterale deve essere espressamente indicata nel contratto che hai firmato all’apertura del rapporto. Non basta una menzione generica, ma serve una clausola specifica sullo ius variandi, che come cliente devi aver approvato esplicitamente, solitamente con una seconda firma accanto a essa.
Il secondo pilastro è l’esistenza di un giustificato motivo. La banca non può agire per puro arbitrio. La modifica deve essere dettata da una ragione oggettiva, pertinente e sopravvenuta, come un’inflazione che impatta sui costi operativi o un cambiamento del quadro normativo. Un vago riferimento a “mutate condizioni di mercato” non è sufficiente: la motivazione deve essere concreta, dimostrabile e indicata chiaramente nella comunicazione.
La terza condizione riguarda la comunicazione formale e il preavviso. L’istituto di credito è obbligato a comunicare la sua intenzione con un preavviso minimo di due mesi, utilizzando la dicitura esatta: «Proposta di modifica unilaterale del contratto». Questa comunicazione deve avvenire per iscritto o tramite un altro “supporto durevole” (come un file PDF nell’area riservata dell’home banking o una PEC) che il cliente ha precedentemente accettato come canale ufficiale.
Infine, la comunicazione deve obbligatoriamente informare il cliente del suo diritto di recedere dal contratto gratuitamente, senza spese né penalità, entro la data prevista per l’applicazione delle variazioni.
Cosa fare (e non fare) se ricevi una proposta di modifica
Una volta ricevuta una “Proposta di modifica unilaterale del contratto” che rispetta formalmente i requisiti, hai di fronte a te due strade. Se le nuove condizioni ti vanno bene o non intendi cambiare istituto, non devi fare nulla: il tuo silenzio vale come tacita accettazione e le modifiche diventeranno operative alla data stabilita.
Se, invece, non sei d’accordo, puoi esercitare il tuo diritto di recesso. È fondamentale comunicare la tua volontà di chiudere il rapporto prima che le nuove condizioni entrino in vigore. In questo caso, la banca è tenuta ad applicare le vecchie condizioni, quelle più favorevoli, per tutto il tempo necessario a completare la liquidazione e la chiusura del conto, senza addebitarti alcun costo.
La questione del costo zero: può la banca introdurre un canone dal nulla?
Un punto particolarmente dibattuto e importante riguarda i conti correnti nati a canone zero. Può la banca, tramite modifica unilaterale, introdurre un costo dove prima non c’era? Secondo l’orientamento consolidato dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), la risposta è tendenzialmente no.
Lo ius variandi permette di modificare clausole esistenti, non di introdurne di nuove. Se un cliente ha scelto un pacchetto a canone zero proprio perché non includeva determinati servizi (come l’assistenza illimitata in filiale), l’introduzione di un canone per quel pacchetto non è una semplice modifica di un costo da 0 a X, ma l’introduzione di un onere nuovo. Questa azione altera l’equilibrio originale del contratto (il cosiddetto sinallagma) ed è pertanto considerata illegittima. La valorizzazione a zero di un costo, quando legata a un preciso assetto di servizi, non è una base di partenza modificabile, ma la caratteristica stessa di quella specifica offerta contrattuale.
Modifiche unilaterali conto corrente illegittime: come tutelarsi
Se la banca non rispetta anche solo una delle regole previste dall’articolo 118 del TUB, le modifiche sono considerate giuridicamente inefficaci. Questo significa che hai il diritto di continuare a vedere applicate le condizioni precedenti. Se ti sono già stati addebitati costi maggiorati o applicati tassi peggiorativi sulla base di una modifica illegittima, hai diritto a ottenere la restituzione integrale delle somme che la banca ha indebitamente percepito. Il primo passo è sempre un reclamo formale all’istituto di credito. Se la risposta è insoddisfacente o non arriva, la via più efficace e meno costosa per far valere i propri diritti è il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario.
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Questo articolo è stato redatto a solo scopo informativo e non si può considerare in alcun modo un’indicazione operativa. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità sull’utilizzo delle informazioni riportate.