Il crollo delle azioni Ferrari è stato il tema caldo della seduta di ieri di Piazza Affari e, con tutta probabilità, l’ipotesi di comprare a sconto sarà quello di oggi. In effetti con la caduta verticale dei valori di Ferrari a 354 euro contro i 414 euro della seduta precedente (-15,4%), è più che normale prendere in considerazione questa opzione. Il punto è che non sta scritto da nessuna parte che un titolo che va a picco sia subito destinato a rimbalzare il girono dopo e che soprattutto da quel momento in poi possa avviare una fase di recupero. Ci devono essere le condizioni affinchè possa scattare questo meccanismo perchè, se al contrario essere dovessero mancare, allora il crollo sarebbe solo all’inizio. Ecco perchè la vera incognita con cui i trader faranno i conti oggi e nelle prossime sedute è se conviene comprare azioni Ferrari dopo il crollo o se invece è il caso di aspettare ancora.
Nessuno ha la sfera di cristallo per capire quello che può accadere, tuttavia, come già hanno fatto non pochi analisti, alcune considerazioni è possibile farle.
Le questioni sono essenzialmente tre:
- quali sono i veri motivi del crollo delle azioni Ferrari
- l’entità del crollo (il più ampio a livello intraday da gennaio 2016) è giusta o è eccessiva
- comprare azioni Ferrari a questi prezzi conviene o no
Perchè le azioni Ferrari sono crollate?
Evidente che il crollo delle azioni Ferrari sia da correlare al Capital Markerts Day di ieri. Su questo non ci sono dubbi. Nell’immediatezza alcuni osservatori hanno ipotizzato che ad aver deluso possa essere stata la parte relativa al lancio della prima Ferrari Elettrica. Tuttavia sia i tempi lunghi che il sostanziale riconoscimento della sostanziale secondarietà del segmento elettrico (20% della produzione totale a pieno sviluppo) erano di fatto già scontati dal mercato.
E allora è chiaro che l’input che ha scatenato il sell-off sia da cercare nel secondo capitolo del CMD ossia target del piano strategico 2030. Ricapitolando brevemente Maranello punta a 9 miliardi di ricavi nel 2030 ed è pronta a mettere sul piatto 4,7 miliardi di investimenti nei prossimi cinque anni. Sempre per il prossimo quinquennio il management prevede un tasso di crescita annuale del fatturato di circa il 5%. Stando alle stime, al 2030 l’Ebit dovrebbe essere pari a 2,75 miliardi di euro con un margine di almeno il 30%. Sempre al termine del piano, l’Ebitda dovrebbe ammontare a 3,6 miliardi di euro, con un margine Ebitda di circa il 40%. Numeri sintomatici di una forte generazione di cassa che ovviamente significa free cash flow industriale pari ad almeno 8 miliardi nei prossimi 5 esercizi. Come da attese, poi, è stato rivisto al rialzo il dividend pay-out (ora al 40% dell’utile netto rettificato) ed è stato lanciato un programma di riacquisto di azioni proprie per circa 3,5 miliardi.
Come commentato da molti analisti non si tratta di obiettivi deboli anzi i target sono di tutto rispetto. Il punto è che il mercato si attendeva molto di più. Dopo anni di crescita sostenuta il management di Ferrari sembra aver optato gestire e controllare piuttosto che per continuare a correre. In realtà non ci sono misteri sul perchè le azioni Ferrari siano crollate perchè è stato lo stesso Ad Vigna a dirlo chiaramente: il mercato si attendeva ricavi più alti ma per la Rossa l’importante è centrare i target non andarsi a legare ad obiettivi che sono difficili. Insomma serve prudenza. Messaggio più limpido da parte degli stessi vertici non poteva esserci.
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Il crollo delle azioni Ferrari è stato eccessivo?
Il bilancio dopo il crollo di ieri è così riassumibile: maggiore ribasso intraday dalla quotazione in borsa nel gennaio 2016 ma soprattutto titolo in flessione del 13% nell’ultimo mese, del 14% da inizio anno e del 15% anno su anno. Al tempo stesso, però, i prezzi di Ferrari restano più alti del 128% su base quinquennale e di oltre il 700% dal momento dello sbarco sui mercati. I numeri quindi sono estremi ed è sempre il caso di metterli in evidenza per non fossilizzare troppo l’attenzione solo sul breve termine.
Detto questo molti operatori di primo piano hanno evidenziato che l’entità del tracollo registrata in appena una seduta dalle azioni Ferrari sembra davvero essere eccessiva soprattutto se si considera il motivo scatenante delle vendite ossia la delusione per i target futuri. Per la serie il ribasso anche forte ci poteva stare tutto, ma non questo disastro. Ecco perchè secondo altri operatori non ci sarebbe niente di strano se già nelle prossime sedute di borsa possa scattare un recupero.
In realtà per altri operatori il quadro è più complesso perchè dietro la delusione per la guidance c’è la presa di consapevolezza di un cambio storico nella stessa natura di Ferrari: non più titolo del lusso ma casa automomotive. Se questa view dovesse essere vera allora è il caso di attendersi valutazioni sempre più prossime a quelle automotive tradizionali piuttosto che a quelle del segmento lusso. Assumendo questa seconda prospettiva, il crollo assumerebbe più senso e forse non sarebbe così eccessivo.
Comprare azioni Ferrari dopo il crollo conviene o no?
Con il crollo registrato ieri, tutti i discorsi sui livelli tecnici sono un pò saltati. I prezzi post-sell off sono sui livelli di febbraio 2024 ed è da qui che bisognerà ripartire. Per adesso solo pochi esperti hanno preso la parola ma le prime indicazioni arrivate dalle loro valutazioni non sono affatto pessimistiche. HSBC ha portato il rating di Ferrari dal precedente hold a buy quindi da mantenere a comprare citando le forti prospettive di crescita fino al 2030 mentre Berenberg ha avviato copertura con rating buy facendo riferimento alla forza del brand della Rossa. Più freddezza da parte degli analisti di Jefferies che si sono limitati a confermare il rating hold con target price a 420 euro.
Questi sono i primi giudizi arrivati dopo il crollo ma è probabile che già oggi possano arrivarne di altri. L’impressione è che ci sia molta prudenza rispetto al quanto accaduto. Del resto i segnali arrivati da ieri sono contrastanti perchè se è assodato che la guidance sia stata delusa, è altrettanto vero che il raggiungimento con un anno di anticipo del target al 2026 sia un fatto positivo come pure il rilancio della politica di remunerazione degli azionisti. Il vero nodo è che con la lenta trasformazione da titolo del lusso a titolo automotive il ridimensionamento dei valori appare come inevitabile. Ed è questo il punto che farà la differenza.
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