Con la sua bordata di inizio agosto, Morgan Stanley ha tagliato le gambe alle azioni Enel. La banca d’affari Usa ha infatti ridotto sia il rating che il target price modificando il suo stesso approccio sul titolo e passando da una view bullish ad una prospettiva molto più prudente. Ad impensierire di più sono le motivazioni adottate da Morgan Stanley. Il fatto che la banca americana sia arrivata ad affermare che i prezzi delle azioni Enel oramai incorporino tutti i potenziali driver rialzisti e che il titolo stia oramai trattando in linea con i valori del settore implica una inevitabile perdita di visibilità perlomeno nel breve termine.
A riprova di questo approccio neutrale c’è il fatto che le azioni Enel nel corso dell’ultimo mese abbiano perso il 3% anche se da inizio anno continua a resistere un verde dell’11,2%. Assumendo il punto di vista di Morgan Stanley, la visibilità sul titolo resterebbe solo sul lungo termine dove a pesare continuano ad essere le solide prospettive sul rendimento del dividendo. Perlomeno in questa fase, quindi, Enel resterebbe un titolo da investimento di lungo periodo piuttosto che da speculazione di breve termine con focus tutto sul dividendo e il resto già inglobato nei prezzi attuali.
Rendimento medio del dividendo medio al 5,5%
Il dividendo Enel 2025 è stato pari a 0,47 euro per azione. Come sempre diviso in due tranche (acconto a gennaio e saldo a luglio), alla fine ha generato un rendimento pari al 5,9% lordo. Rispetto all’esercizio precedente, la cedola complessiva è stata più alta del 9%. Con il nuovo yield emerso a valere sul 2024, si conferma il trend che vede i rendimenti dei dividendi Enel stabilmente attorno al 5,5% medio negli ultimi 5 anni. Non ci sono mai stati buchi di alcun tipo nella remunerazione degli azionisti e ciò da quindi di Enel il classico titolo da dividendo stabile e in costante aumento nel corso del tempo. Una manna per gli investitori di lungo periodo.
Tra l’altro non ci dovrebbero essere sorprese neppure sulla cedola relativa all’esercizio in corso. Il piano strategico 2025-2027 di Enel, presentato a novembre 2024, in relazione alla politica dei dividendi, prevede una cedola minima annua pari 0,46 euro per azione più un potenziale ulteriore aumento fino a un payout del 70% sull’utile ordinario del gruppo. Malissimo che veda, il dividendo Enel 2026 sarà quindi pari a 0,46 euro ma lo scenario più probabile, anche alla luce dell’outlook su tutto l’esercizio 2025, è che sia pari se non maggiore di quello il cui stacco è stato completato il 21 luglio con il saldo.
Insomma il passato lo certifica e il futuro lo lascia intendere: il rendimento costante del dividendo Enel darà al titolo quella visibilità che, almeno nel breve termine, sembra non esserci più.
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Azioni Enel declassate da Morgan Stanley
Perchè Morgan Stanley è stata così dura con le azioni Enel? In effetti un downgrade da overweight e equalweight con target price ridotto da 8,8 euro a 8,4 euro spinge quantomeno ad accendere una spia. In effetti è come se la banca d’affari Usa dicesse: fino ad ora avete sovrapesato il titolo nel portafoglio ma adesso è meglio se lo trattate come tutti gli altri anche perchè il suo potenziale di upside, con il taglio di tp, si è stretto.
Secondo la banca d’affari Usa, quelli che sono stati i driver rialzisti che ultimamente hanno fatto la differenza (dal piano di acquisto di azioni proprie da 1 miliardo di euro all’estensione delle concessioni) oramai sono stra-noti e incorporati nei prezzi. La guidance per i prossimi esercizi prevede dal canto suo una una crescita del 4% annuo fino al 2028 mentre il rapporto prezzo/utili è visto a 10,9x per il 2026. Niente di eccezionale nè sul primo fronte che sul secondo. Nel primo caso si tratta di una stima positiva ma prudente mentre nel secondo il rapporto è in linea con il settore.
Nel report della banca d’affari Usa c’è poi un riferimento anche a quel payout al 70% dell’utile fissato nel piano strategico in corso di attuazione. Si torna quindi a parlare di dividendi sia pure in modo indiretto. Ebbene secondo Morgan Stanley un payout è di certo sostenibile ma al tempo stesso limita la flessibilità nel medio termine e questo può essere un limite se dovessero esserci pressioni sul margine operativo del gruppo.
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