tasse sui dividendi
Modifiche alla tassazione sui dividendi (www.risparmioggi.it)

Nelle ultime settimane si è acceso un vivace dibattito attorno alle novità introdotte dalla Manovra Finanziaria 2026 in materia di tassazione dei dividendi. Le indiscrezioni e le anticipazioni sul testo della legge hanno fatto emergere con forza l’ipotesi di un significativo aumento delle aliquote effettive, con un possibile impatto sull’utile netto percepito dagli aventi diritto. In molti, limitandosi a leggere solo i titoli e i commenti sui media, si sono chiesti se questo cambiamento potesse riguardare anche i piccoli risparmiatori, i cosiddetti retail investors, che operano con il loro conto titoli o con i migliori broker per azioni.

Per loro cambierà davvero qualcosa dal 2026? Facciamo chiarezza una volta per tutte.

Nessun cambiamento per i piccoli investitori

La risposta è semplice e rassicurante: anche con l’aumento della tassazione dei dividendi per i piccoli investitori non cambia nulla.
Il nuovo impianto fiscale proposto dal governo nella Legge di Bilancio 2026 interviene esclusivamente sulla tassazione dei dividendi percepiti dalle società, e non tocca in alcun modo il regime fiscale applicato alle persone fisiche.

In altre parole, chi detiene azioni a titolo personale continuerà a vedersi applicare la medesima aliquota vigente oggi: il 26% a titolo di imposta sostitutiva sui dividendi percepiti. Nessuna revisione è prevista per i soggetti non professionali e non è in discussione l’impianto che regola il risparmio privato in Italia.

Il governo ha infatti confermato che l’obiettivo della misura è di natura prettamente societaria e punta a riequilibrare il trattamento fiscale tra imprese detentrici di partecipazioni di controllo e imprese con quote di minoranza. L’intento, quindi, non è penalizzare il risparmio diffuso, ma incrementare il gettito derivante da flussi di dividendi oggi quasi esenti, in un’ottica di maggiore equità e coerenza del sistema tributario.

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Come funziona oggi la tassazione dei dividendi per i retail

Per comprendere meglio perché nulla cambia per i risparmiatori, vale la pena ricordare come funziona attualmente la tassazione dei dividendi per le persone fisiche residenti in Italia.

Quando un investitore retail percepisce un dividendo da un titolo azionario italiano (o da una società estera quotata), la banca o l’intermediario applica una ritenuta a titolo d’imposta del 26% sul valore lordo distribuito. Questo prelievo estingue ogni obbligazione fiscale, rendendo il reddito da dividendo netto e già tassato.
Il contribuente non deve quindi indicare l’importo nella dichiarazione dei redditi, a meno che non operi in regime dichiarativo o detenga partecipazioni qualificate in società non quotate (caso residuale per i retail).

Il sistema è semplice e trasparente:

  • per ogni 100 euro di dividendo lordo, l’investitore percepisce 74 euro netti
  • la banca versa allo Stato i restanti 26 euro
  • l’imposta è definitiva, non si cumula con altre forme di reddito

Questo meccanismo di tassazione sostitutiva è stato introdotto per uniformare il trattamento fiscale dei redditi di capitale, semplificando la vita dei piccoli risparmiatori e garantendo certezza del prelievo.

A scanso di equivoci, visto che molti lettori ci hanno contattato in privato, lo ribadiamo chiaro e tondo: nessuna modifica alla tassazione sui dividendi dei piccoli investitori è prevista nella Manovra 2026: il 26% resta invariato, così come la natura sostitutiva e definitiva dell’imposta. Questo sempre per azioni italiane mentre la tassazione dei dividendi su azioni Usa è legata sempre al modulo W-8BEN.

Le vere novità: l’impatto sulle società

Le modifiche previste nella Legge Finanziaria 2026 riguardano invece le società che percepiscono dividendi da partecipazioni di minoranza, cioè inferiori al 10% del capitale sociale.
L’attuale regime, in vigore dal 2003, prevede che solo il 5% dei dividendi ricevuti sia soggetto all’imposta sul reddito delle società (IRES), con aliquota ordinaria al 24%. Ciò significa che l’onere effettivo per le imprese è di circa l’1,2% sul dividendo incassato, grazie all’esclusione del 95% del suo ammontare dal reddito imponibile.

Dal 2026, secondo quanto previsto dalla nuova norma, questa agevolazione verrebbe abolita per le partecipazioni inferiori al 10%. I dividendi percepiti su tali quote sarebbero interamente imponibili, con applicazione dell’IRES piena al 24%.
In altre parole, per le società con partecipazioni di minoranza si passerebbe da un’imposizione effettiva dell’1,2% a una tassazione integrale del 24%.

Resterebbe invece invariato il trattamento per le partecipazioni qualificate, pari o superiori al 10%, che continuerebbero a beneficiare dell’esclusione parziale dal reddito imponibile.

Chi sarà interessato dal nuovo regime

La misura, come precisato dal Ministero dell’Economia, non riguarda né i fondi comuni né i risparmiatori privati, ma colpisce holding, istituti bancari, assicurazioni e grandi gruppi industriali che detengono partecipazioni di minoranza in altre società.
L’obiettivo dichiarato è quello di limitare le asimmetrie fiscali tra soggetti economici che, pur generando lo stesso reddito da dividendi, oggi sono tassati in misura profondamente diversa.

Secondo le stime allegate alla Relazione tecnica della Legge di Bilancio, il provvedimento garantirebbe un gettito aggiuntivo di circa 983 milioni di euro nel 2026, destinato a superare il miliardo a partire dal 2027.
Il nuovo regime si applicherebbe anche ai dividendi provenienti da società estere residenti in Paesi appartenenti alla cosiddetta white list, ossia Stati che rispettano gli standard di cooperazione e trasparenza fiscale internazionale.

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Cosa succederà dal 2026

In sintesi, se la norma dovesse andare in porto in Manovra, a partire dal primo gennaio 2026 ci sarà un doppio binario fiscale:

  • per i retail investors, nulla cambia: continueranno a pagare il 26% sui dividendi percepiti, con regime sostitutivo e senza ulteriori adempimenti
  • per le società con partecipazioni di minoranza (sotto il 10%), i dividendi saranno integralmente tassati al 24% IRES, eliminando l’esenzione oggi prevista sul 95% del loro ammontare

Per i piccoli risparmiatori, dunque, la nuova disciplina non comporta alcuna conseguenza pratica o fiscale. I flussi di dividendi accreditati sui conti titoli resteranno identici, così come l’imposta prelevata dall’intermediario.

L’impatto della riforma sarà tutto interno al mondo societario e, indirettamente, potrà riflettersi soltanto su eventuali strategie di investimento o sulla distribuzione dei dividendi da parte di alcune società partecipate. Ma per il retail, il quadro resta invariato, stabile e prevedibile: i dividendi continueranno a essere tassati come sempre e senza scossoni.

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Questo articolo è stato redatto a solo scopo informativo e non si può considerare in alcun modo un’indicazione operativa. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità sull’utilizzo delle informazioni riportate.