Si è parlato molto di tassa sugli extraprofitti bancari qualche mese fa, salvo poi finire nel dimenticatoio, quantomeno mediatico. A oggi, quali sono le principali novità su questa misura che è stata criticata da molti, anche dalla BCE? Ecco gli ultimi aggiornamenti a riguardo.

La tassa sugli extraprofitti bancari è una rivoluzione positiva o negativa?

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Le nuove linee guida presentate dal governo stabiliscono chiaramente che le banche non possono scaricare il peso fiscale derivante dalla tassa sugli extra profitti sui clienti. Questo vuol dire che ogni tentativo da parte degli istituti di credito di includere questi costi nei prodotti come i conti correnti o i conti deposito sarà fermamente ostacolato. Questa mossa mira a proteggere i consumatori da possibili aumenti delle spese bancarie.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avrà il compito di assicurarsi che le banche aderiscano a queste nuove regole. Attraverso ispezioni periodiche, l’AGCM garantirà che le banche rispettino le disposizioni, riferendo le sue scoperte annualmente al Parlamento.

Dettagli sulla riserva non distribuibile

Un altro aspetto saliente di questa riforma è la capacità delle banche di devolvere una porzione dell’imposta sugli extra profitti a una riserva speciale non distribuibile. Il valore di questa riserva sarà 2,5 volte superiore all’importo dell’imposta dovuta. Questo approccio offre alle banche una flessibilità nella gestione delle loro risorse, promuovendo al contempo una solidità finanziaria.

Cambiamenti nell’imposta straordinaria

L’imposta straordinaria, precedentemente calcolata come una percentuale dell’attivo totale, ha subito una modifica. Ora si basa sullo 0,26% dell’esposizione complessiva al rischio di ciascuna banca. Questa mossa esclude i titoli di Stato dall’ambito d’applicazione della tassa, sottolineando la volontà di proteggere certi asset.

Tassa sugli extraprofitti bancari: il dibattito politico

L’emendamento ha sollevato un vivace dibattito politico. Mentre Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno espresso il loro supporto, sottolineando l’importanza di redistribuire le risorse finanziarie al popolo, partiti come Forza Italia hanno esposto le loro riserve, ponendo l’accento sulla necessità di proteggere risparmiatori e piccoli istituti bancari.

Tassa sugli extraprofitti bancari: una breve cronistoria

Il 7 agosto 2023, il Consiglio dei ministri ha varato il decreto Omnibus, tra cui spicca l’articolo 26 che introduce per l’anno 2023 un’imposta straordinaria sugli extraprofitti degli enti creditizi. Questa decisione nasce dall’osservazione che, pur avendo la BCE aumentato i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione, le banche hanno adeguato rapidamente i tassi attivi ma hanno tardato nell’adeguare quelli passivi, guadagnando in tal modo ingenti profitti.

L’imposta si calcola applicando il 40% sul margine d’interesse, con criteri specificati nel decreto, e il suo ammontare non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo dell’ente creditizio. Questa tassa deve essere versata nel 2024 e non è deducibile da altre imposte. Il gettito verrà destinato al fondo per i mutui sulla prima casa e alla riduzione della pressione fiscale.

Tuttavia, la decisione ha scatenato reazioni negative nel mondo bancario. Le banche hanno lamentato che ciò potrebbe colpire gli azionisti, i clienti e i depositanti attraverso la riduzione dei dividendi, l’aumento dei costi del credito, e l’incremento delle commissioni.

Il 12 settembre 2023 si sono svolte audizioni parlamentari sul decreto. L’Associazione bancaria italiana (ABI), la Federazione delle banche di credito cooperativo (Federcasse) e l’Associazione Nazionale tra le banche popolari (Assopopolari) hanno espresso le loro preoccupazioni.

L’ABI ha messo in evidenza diversi punti: l’assenza di dialogo prima dell’introduzione dell’imposta, la composizione della voce 30 del conto economico, la non-esistenza di un vero “extraprofitto” nelle banche, l’alto livello di tassazione esistente sulle banche italiane, e possibili effetti retroattivi e distorsivi della nuova norma. L’ABI ha anche sollevato dubbi sulla compatibilità dell’imposta con la Costituzione.

Federcasse ha enfatizzato le peculiarità delle banche di credito cooperativo e come queste potrebbero essere colpite negativamente dall’imposta. Ha quindi evidenziato l’importanza del margine d’interesse per tali banche e come questo influisca sulle loro erogazioni di finanziamenti.

Assopopolari ha sottolineato che l’imposta potrebbe incidere sulle riserve prudenziali delle banche e ha ritenuto che essa produca distorsioni nella concorrenza, penalizzando solo le banche e non altri settori.

Infine, la BCE ha evidenziato che le banche di dimensioni minori potrebbero essere colpite in modo sproporzionato dall’imposta. Questo perché l’imposta non considera l’intero ciclo economico e potrebbe quindi non riflettere accuratamente la redditività a lungo termine di una banca.

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Gli ultimi aggiornamenti

Come anticipato, la tassa sugli extraprofitti bancari sta subendo delle modifiche, secondo una bozza dell’emendamento governativo.

L’imposta verrà ora calcolata applicando un’aliquota del 40% sul margine di interessi del 2023, che supera del 10% lo stesso margine del 2021.

La precedente versione considerava l’eccedenza del 5% per il 2022 e del 10% per il 2023. Le banche non potranno trasferire gli oneri di questa tassa ai costi dei servizi forniti ai clienti.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato sorveglierà l’osservanza di tale disposizione. Il tetto dell’imposta sugli extraprofitti cresce dal 0,1% al 0,26% dell’esposizione al rischio individuale, escludendo i titoli di Stato.

La tassa verrà versata allo Stato solo quando il patrimonio viene distribuito agli azionisti. Queste modifiche dovrebbero generare tra 2,5 e 2,7 miliardi di euro per finanziare misure relative al mutuo prima casa. I proventi della tassa verranno anche utilizzati per sostenere un fondo di garanzia per prestiti a PMI.