Avere un conto corrente è diventato indispensabile per ricevere stipendi, pagare imposte e partecipare alla vita economica. Eppure, tra ordinanze che negano l’apertura di un rapporto al trustee di un trust e prassi di de-risking sempre più diffuse, il diritto al conto si scontra con la discrezionalità delle banche. Facciamo il punto sul provvedimento del Tribunale di Trapani del 29 marzo 2025.
Indice
Avere un conto corrente è un diritto? La decisione del Tribunale di Trapani: nessun obbligo per la banca
Con l’ordinanza del 29 marzo 2025 il Tribunale civile di Trapani ha affermato che non esiste un diritto soggettivo all’apertura di un conto corrente intestato a un trust: il rifiuto dell’istituto, purché motivato, non può essere superato nemmeno con il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
I giudici hanno chiarito che:
- Il rifiuto si valuta solo sul piano dei doveri di buona fede pre-contrattuale, con possibile risarcimento ma senza apertura coattiva;
- Non grava sulle banche un obbligo generale di contrarre, salvo monopoli legali ex art. 2597 c.c.;
- Il trustee può comunque gestire il fondo mediante un conto personale dedicato, tenendo scritture trasparenti ai fini antiriciclaggio.
De-risking e diritto al conto di base: l’allarme europeo
L’articolo di Valeria Genesio pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 giugno 2025 denuncia come il de-risking, ovvero la chiusura o mancata apertura dei conti in nome della compliance AML, stia trasformando un diritto fondamentale in privilegio. Secondo l’EBA, i dinieghi colpiscono soprattutto soggetti “finanziariamente vulnerabili”, PMI e startup, spesso sulla base di blacklist private e algoritmi opachi, senza contraddittorio né rimedi tempestivi.
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L’impatto su famiglie, imprese e trustee
Quando un conto viene negato o revocato, l’attività economica si paralizza: stipendi, fornitori e tasse restano sospesi. Nel caso dei trustee, la mancanza di un rapporto dedicato complica la segregazione patrimoniale e aumenta i rischi operativi. Per i piccoli imprenditori, il blocco spinge verso l’uso del contante, vanificando gli obiettivi di tracciabilità delle norme antiriciclaggio.
Come difendersi: strategie operative e vie di ricorso
La domanda più che legittima a questo punto è: ci si può tutelare? Basta adottare alcune strategie cautelative:
- Documentazione completa: presentare statuti, atti costitutivi e piani di gestione che evidenzino finalità lecite e beneficiari identificabili.
- Conto ponte: in assenza di soluzione immediata, usare un conto personale ad hoc e tenere contabilità separata, come suggerito dal Tribunale di Trapani.
- Richiesta motivazioni scritte: la banca deve spiegare il diniego; tale motivazione è base per un reclamo ABF o un’azione risarcitoria.
- Assistenza specialistica: coinvolgere professionisti AML e consulenti trust può ridurre le resistenze degli intermediari.
Verso una tutela effettiva: proposte legislative
Genesio auspica tre interventi chiave:
- Rendere esigibile il diritto al conto sotto vigilanza pubblica;
- Imporre motivazioni obbligatorie e ricorsi rapidi;
- Regolamentare i database privati garantendo trasparenza e diritto di rettifica.
In parallelo, la prossima VI Direttiva AML rafforzerà requisiti di onorabilità e licenza per chi gestisce trust, spingendo verso maggiore professionalità e, auspicabilmente, minori dinieghi arbitrari.
Dal caso Trapani emerge comunque un principio netto: la banca non è obbligata ad aprire un conto, ma deve agire lealmente. Tuttavia, senza correttivi normativi che rendano realmente azionabile il diritto al conto di base, il rischio è alimentare quell’esclusione finanziaria che le regole antiriciclaggio vorrebbero prevenire.
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