Nel 2021 i CryptoPunk impazzavano sulle copertine e un JPEG di Beeple valeva più di un Van Gogh. Tre anni dopo, i volumi di scambio sono ai minimi storici e il 96% delle collezioni non registra più alcuna attività. Molti hanno bollato gli NFT come una moda estinta. In realtà, sotto la coltre di prezzi crollati, la tecnologia continua a evolversi in silenzio. Vediamo perché il mercato si è sgonfiato e dove, lontano dai riflettori, gli NFT stanno trovando casa in applicazioni concrete. Andiamo quindi a scoprire veramente che fine hanno fatto gli NFT?
Indice
Che fine hanno fatto gli NFT? Dal picco del 2021 al baratro del 2025
Gli ultimi dati di Nansen e Yahoo Finance raccontano un crollo impietoso: il 96% delle raccolte NFT è oggi considerato “morto”, privo di scambi o community attiva. Nel solo secondo trimestre 2025 i volumi globali sono scesi dell’80%, attestandosi a 823 milioni di dollari contro i 50 miliardi del picco 2022.
OpenSea, un tempo dominatore incontrastato, ha perso oltre il 90% delle transazioni da quando ha eliminato le campagne di incentivi, segnale che la liquidità era sostenuta più da bonus che da reale domanda. Le collezioni simbolo – dai Bored Apes ai pixel dei CryptoPunk – hanno visto i price floor evaporare, trascinando con sé un esercito di investitori rimasti “illiquidi” in asset oggi invendibili.
Che fine hanno fatto gli NFT? Le ragioni di un crollo
A innescare la discesa non è stato un difetto strutturale della tecnologia, ma l’uso che se n’è fatto. Come nota l’analista Nicolai Sondergaard, gli NFT sono stati “memificati”, ridotti a biglietti della lotteria digitale: si comprava sull’onda della FOMO con l’unico scopo di rivendere a qualcuno disposto a pagare di più.
Quando la liquidità speculativa si è ritirata, è emersa la fragilità di modelli basati su avatar di scimmie e promesse di “utility” mai realizzate. Le commissioni di rete elevate e la mancanza di tutele legali hanno fatto il resto, spingendo collezionisti occasionali a tornare verso asset più liquidi. In questo contesto, i progetti privi di fondamenta si sono semplicemente svuotati: il tempo medio di vita di una collezione NFT oggi è 1,14 anni, meno della metà di un progetto crypto generico. Quindi, investire in NFT ha ancora senso? O meglio, esiste ancora questa possibilità?
Dove gli NFT funzionano davvero: casi d’uso post‑hype
Mentre il mercato retail si sgonfiava, alcuni brand hanno iniziato a usare gli NFT come mattoni infrastrutturali, non come oggetti da collezione. Nike, con la piattaforma .SWOOSH, consente ai membri di co‑creare articoli virtuali e ottenere accesso anticipato a sneaker fisiche: un programma di loyalty che lega punti digitali e benefit reali.
Ticketmaster ha sperimentato i “token‑gated sales” con gli Avenged Sevenfold, usando NFT su Flow per offrire ai fan corsie preferenziali e biglietti anti‑bot: finora oltre 15 milioni di pass digitali sono stati emessi con questa tecnologia.
Il tentativo di Starbucks con Odyssey si è invece chiuso nel marzo 2024, dimostrando che l’experience deve essere semplice quanto un’app tradizionale per avere presa sul grande pubblico.
Altrove, piattaforme come RealT stanno tokenizzando porzioni di immobili, trasformando quote minime di case in Miami in NFT che distribuiscono affitti in stablecoin – un processo non privo di criticità gestionali, ma che rende liquido un asset storicamente poco frazionabile.
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Verso il 2026: NFT come infrastruttura invisibile
La lezione del triennio è chiara: se il valore percepito supera l’utilità, la bolla scoppia. Se l’utilità diventa quotidiana, l’etichetta “NFT” sparisce dietro l’interfaccia. Sempre più progetti parlano di “digital collectibles” o “token” senza menzionare la sigla a tre lettere, integrando i certificati di proprietà nei back‑end e lasciando all’utente finale solo un QR code da scansionare.
Sul fronte regolatorio, MiCA in Europa e il regime pilota a Hong Kong obbligano ora le piattaforme a verificare gli emittenti e custodire in modo sicuro i file di riferimento, riducendo gli “rug pull”. Nel 2026, dunque, potremmo usare NFT ogni giorno senza saperlo: per entrare a un concerto, riscattare punti flight o dimostrare la proprietà di un asset in‑game.
Paradossalmente, il vero successo di questa tecnologia arriverà quando nessuno la nominerà più.
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