Dal 1° gennaio 2026 l’Italia alza al 33% l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri proventi generati dalle criptoattività. L’articolo 13 del disegno di Legge di Bilancio 2026 introduce però un’eccezione importante: i “token di moneta elettronica” ancorati all’euro restano tassati al 26%. La norma definisce anche quando uno scambio è fiscalmente neutro e chiarisce alcuni passaggi rimasti in ombra dopo la Legge di Bilancio 2025.
Al momento in cui scriviamo la Legge di Bilancio 2026 è ancora in discussione parlamentare: i contenuti dell’articolo 13 potranno quindi subire modifiche nel corso dell’iter di approvazione.
Indice
Tassazione criptoattività 2026: cosa prevede, in concreto, l’articolo 13
Il testo stabilisce che non si applica l’aumento al 33% alle plusvalenze e agli altri proventi che derivano dalla detenzione, cessione o impiego di token di moneta elettronica denominati in euro.
Per questa categoria l’aliquota rimane al 26%. Tutto il resto delle criptoattività (quelle “comunque denominate”) resta invece agganciato al 33% a partire dal 2026.
La norma precisa anche che non costituisce realizzo, quindi non si generano né plusvalenze né minusvalenze, quando si convertono euro in token di moneta elettronica in euro e viceversa, oppure quando si ottiene il rimborso in euro del valore nominale del token.
Diverso il caso in cui si convertono criptovalute non in euro (per esempio bitcoin) in token di moneta elettronica in euro: qui vale l’aliquota del 33%.
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“Token di moneta elettronica in euro”: cosa significa in pratica
Parliamo di una criptoattività progettata per mantenere stabile il valore “agganciandolo” all’euro. Per rientrare nell’agevolazione, il token deve essere stabilmente ancorato all’euro e i fondi di riserva che ne garantiscono la stabilità devono essere detenuti integralmente in attività denominate in euro, presso soggetti autorizzati nell’Unione europea. È la declinazione, nel fisco italiano, dei “e-money token” definiti dal Regolamento MiCA.
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Tradotto: lo Stato favorisce, sul piano fiscale, gli strumenti digitali che si comportano come moneta elettronica in euro, non l’investimento speculativo su cripto volatili.
26% vs 33% dal 1° gennaio 2026: come orientarsi
Chi detiene cripto tradizionali e realizza una plusvalenza dal 2026 rientra nel 33%. Chi, invece, genera proventi legati a token di moneta elettronica in euro resta al 26%. Questo vale per redditi diversi e altri proventi riconducibili a detenzione, cessione o impiego dei token “euro-ancorati”.
Un punto molto importante: cambiare euro in e-money token in euro e tornare in euro è fiscalmente neutro. Non c’è tassazione finché ci si muove tra euro e token euro-ancorati o quando si ottiene il rimborso del loro valore nominale.
La tassazione scatta quando si realizza un guadagno con cripto non agevolate o quando si passa da cripto non in euro ai token in euro.
Tassazione criptoattività 2026, come cambia: esempi pratici
Immagina un portafoglio con solo token di moneta elettronica in euro. Converti 1.000 euro in token, li usi per pagare e poi rimborsi in euro il residuo. Questi passaggi, da soli, non generano imposta: sono trattati come movimenti tra euro e un “portafoglio elettronico” in euro.
Diverso lo scenario in cui vendi bitcoin con una plusvalenza e converti il ricavato in token di moneta elettronica in euro. In quel momento realizzi un reddito diverso su cripto non agevolate: la tassazione è al 33% sulla plusvalenza maturata.
Cosa resta del quadro 2025
La Legge di Bilancio 2025 ha portato due tasselli chiave: l’innalzamento al 33% sulle cripto-attività “comunque denominate” dal 2026 e la possibilità, per il primo anno di applicazione, di affrancare il valore delle cripto possedute al 1° gennaio 2025 assumendo come costo il valore a quella data, pagando un’imposta sostitutiva del 18%, anche rateizzabile in tre quote annuali con interessi al 3% sulle rate successive alla prima.
Attenzione però: l’affrancamento preclude l’utilizzo delle eventuali minusvalenze su quelle stesse posizioni. Per chi pianifica, è un dettaglio che fa la differenza.
Domande che vale la pena porsi prima di muoversi
La prima è di classificazione: ciò che si detiene o si intende acquistare rientra davvero tra i token di moneta elettronica in euro come definiti dalla norma?
La seconda è operativa: le movimentazioni previste generano realizzo o rientrano tra i casi neutri (euro ↔ token in euro, rimborso nominale)?
La terza è strategica: con portafogli misti, la sequenza degli scambi può far scattare il 33% quando si passa da cripto non agevolate ai token in euro.
Capirlo prima evita sorprese dopo.
Un’ultima nota sul “tavolo di controllo”
Nel percorso parlamentare era stata prevista l’istituzione di un tavolo permanente di controllo e vigilanza su criptoattività e finanza innovativa.
La lettera b) che lo istituiva è stata stralciata perché ritenuta estranea all’oggetto della manovra.
Al momento, quindi, non è prevista l’attivazione di quell’organismo nell’ambito della Legge di Bilancio 2026.
Tassazione criptoattività 2026 in sintesi
Dal 1° gennaio 2026 la regola generale per le cripto è 33%, con un’eccezione al 26% per i token di moneta elettronica in euro che rispettano i requisiti indicati. Gli scambi euro-token in euro e il rimborso nominale sono fiscalmente neutri.
Lo switch da cripto non in euro verso i token in euro resta tassato al 33% se c’è plusvalenza.
Le misure di affrancamento 2025 e la loro eventuale rateizzazione restano un capitolo a parte da valutare con attenzione perché incidono su base costo e minusvalenze future.
Per chi investe o utilizza cripto come strumento di pagamento, il messaggio è il seguente: classificare correttamente gli asset, capire quali movimenti generano imposta e pianificare la tempistica delle operazioni.
Ricordiamo tuttavia che la manovra è ancora in fase di discussione e il testo potrebbe cambiare nelle prossime settimane, ma la direzione del Governo sul tema delle cripto-attività appare ormai delineata.
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