Dopo l’attacco Usa all’Iran, già questa mattina qualcuno si attendeva di vedere il prezzo del petrolio a oltre 80 dollari al barile se non verso i 90. In realtà la situazione appare molto più complessa e meno lineare delle previsioni. Le fiammate ci sono state (basta vedere da quello che è avvenuto ieri sui mercati OTC e oggi nella sessione asiatica) ma la dinamica delle quotazioni petrolifere non sembra per ora essere orientata verso quel canale di estremo rialzo che lo scenario peggiore dopo l’azione americana contro l’Iran (chiusura dello Stretto di Hormuz) pure aveva lasciato intendere.
Il dato che è fin qui emerso è quello di un prezzo del petrolio di certo sotto pressione ma con spinte divergenti. Sembra quindi delinearsi, almeno nel breve termine, uno scenario di alta volatilità. Situazione rischiosa ma al tempo stesso più stimolante per i trader più propensi alla speculazione.
Per i prezzi del petrolio fiammata nell’OTC e nella sessione asiatica
Dopo l’attacco Usa all’Iran, le quotazioni petrolifere sono arrivate a guadagnare l’8,5% sui mercati OTC attivi nel weekend. Il balzo in avanti è stato una premessa quello che poi sarebbe accaduto nella successiva sessione asiatica, la prima della giornata e quindi primo reale punto di riferimento per gli investitori italiani. +4% massimo per il prezzo del greggio nel mercato asiatico con il dibattito sulla possibile chiusura dello Stretto di Hormuz che ha catalizzato l’attenzione. Nel complesso, le quotazioni petrolifere nella sessione asiatica dopo la classica reazione a caldo iniziale hanno dato l’impressione di cercare una stabilizzazione fermo restando che i movimenti dei future di Brent e WTI sono stati consistenti. Il contratto sul petrolio del Mare del Nord è salito del 2,4% a 78,9 dollari al barile, quello sul WTI americano del 2,6% a 75,71 dollari al barile.
Quindi: +8,5% e +4% su Asia sono i primi due parametri di riferimento più estremi per chi vuole investire sul petrolio nella sessione di oggi.
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Rischio prezzo petrolio all’apertura dei mercati?
Alert di Goldman Sachs prima dell’apertura dei mercati: c’è un rischio di prezzo del petrolio. La banca Usa aveva già fissato a 90 dollari al barile il target delle quotazioni petrolifere prima dell’attacco Usa all’Iran. Per gli analisti americani sarebbe bastata una flessione dell’export iraniano di 1 milione i barili di petrolio al giorno, per spianare la strada verso i 90 dollari. Dopo l’azione americana contro i siti nucleari iraniani, la view di Goldman Sachs potrebbe essere addirittura superata perchè adesso il rischio è quello della chiusura dello stretto di Hormuz che collega il Golfo Persico con l’Oceano Indiano e da cui passa oltre il 20% del petrolio globale.
Il fatto che dopo la vampata OTC e il balzo nella sessione asiatica, ora il prezzo del petrolio appaia più pacato potrebbe essere il segnale che ancora nulla sia deciso su Hormuz. Certo c’è il pronunciamento del parlamento di Teheran sulla chiusura immediata ma alla fine a decidere sarà solo l’ayatollah Khamenei e nessun altro. Il punto è che per l’Iran la chiusura sarebbe un suicidio e gli stessi proxy di peso, a partire dalla Cina, avrebbero da perdere.
Ad ogni modo, a pochi minuti dall’avvio della sessione europea, i future sul petrolio WTI scadenza agosto 2025 prezzano a 74,9% in rialzo dell’1,5%. L’aumento c’è dopo l’attacco Usa all’Iran ma non è come le stime più pessimistiche avevano prospettato.
Cosa fare con il petrolio?
Come comportarsi con le quotazioni petrolifere all’indomani dell’attacco Usa all’Iran?
Lo scenario peggiore è la chiusura dello Stretto di Hormuz, al largo delle coste iraniane, da cui passa il 20% del greggio mondiale. Al di là della fiammata sull’OTC per adesso il mercato non sta prezzando questo rischio e quindi c’è l’impressione che nulla sia stato deciso. Un eventuale blocco anche solo parziale del flusso potrebbe portare le quotazioni petrolifere dai 60 dollari di maggio anche a 100 dollari al barile se non oltre. Gli effetti a cascata, a quel punto, sarebbero micidiali. Ad esempio secondo Oxford Economics con lo stop al Hormuz il valore del greggio di potrebbe portare anche a 130 dollari al barile. Lo scenario sarebbe estremo.
Meglio quindi non farsi prendere dal panico perchè un’ipotesi simili non avrebbe solo conseguenze sull’economia e sui mercati finanziari globali ma anche sui rapporti geopolitici. Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita possono far passare il petrolio solo da Hormuz. Se il passaggio dovesse essere chiuso è difficile pensare che possano restare ferme. In quest’ottica le raccomandazioni di Grecia e Gran Bretagna alle loro navi sul passaggio dallo stretto sono quindi una sorta di atto dovuto o poco più.
Cosa fare quindi? Non è lo scenario estremo che va prezzato (almeno per ora) ma la concreta possibilità di una volatilità estrema. Essa può essere sfruttata pur implicando un profilo di rischio alto. Strumenti derivati a leva come i CFD permettono di farlo. Se invece l’approccio è più da investimento, allora meglio azioni e ETF petroliferi da comprare nei momenti di ritracciamento. XTB con il servizio React With XTB consente di cavalcare la volatilità sul greggio in pochi minuti.
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