buoni postali riscossi all'insaputa dei clienti
Chiuso il caso Catania: la condanna della Cassazione (www.risparmioggi.it)

La Corte di Cassazione, con ordinanza del luglio 2025, ha respinto il ricorso di un direttore d’ufficio postale coinvolto in una riscossione illecita di buoni fruttiferi, confermando la condanna risarcitoria per importi superiori ai tre milioni di euro e ribadendo che il giudizio di legittimità non consente il riesame del merito né della valutazione probatoria.

Il caso di Catania: buoni postali riscossi senza titoli originali

Il giudizio ha origine a Catania, dove Poste Italiane ha agito in giudizio civile contro il direttore dell’ufficio postale di San Gregorio, chiedendo il risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale (art. 1218 cod. civ.). Si contesta che il direttore abbia riscontrato e incassato buoni fruttiferi all’insaputa dei titolari, senza produrre i titoli originali, ancora materialmente nelle mani degli intestatari. Il danno richiesto supera i 3,197 milioni di euro. I giudici di merito hanno accolto la domanda, superando le difese del lavoratore che lamentavano carenze probatorie.

In appello, la corte siciliana ha rigettato le censure tardive sollevate dal dipendente e ha ritenuto dimostrata la condotta dolosa o gravemente colposa, respingendo l’idea di un concorso di colpa dell’azienda.

Ricorso in Cassazione e principio del “non omesso esame”

Il direttore ha impugnato la decisione, sostenendo che la motivazione fosse irragionevole e che il giudice di merito avesse violato il dovere di ponderazione delle prove, applicando in modo arbitrario il principio di non contestazione.

La Suprema Corte però ha rigettato tali censure. In particolare:

  • Ha ribadito che il ricorso in cassazione non può trasformarsi in un riesame dei fatti né delle valutazioni probatorie;
  • Ha escluso che il mero omesso esame di elementi istruttori costituisca un vizio se le circostanze di fatto sono state comunque esaminate;
  • Ha confermato che i giudici d’appello hanno dato motivazioni coerenti e chiare circa la mancata contestazione e l’istruttoria svolta;
  • Ha respinto l’idea di concorso di colpa dell’ente, rilevando che il ruolo apicale del direttore gli consentiva di aggirare controlli previsti e che non è stata provata una carenza organizzativa imputabile a Poste.

La Suprema Corte ricorda che il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. non ricorre per il solo omesso esame di singoli elementi istruttori, ove il fatto storico sia stato comunque considerato dal giudice di merito.

Prospettive più ampie: rischi per Poste e tutela dei risparmiatori

Se da un lato questo caso espone dirigenti postali alle conseguenze personali di condotte illecite, dall’altro richiama l’attenzione sui controlli interni e sulla vigilanza aziendale. Non è da sottovalutare che, in parallelo, consumatori e giudici stanno dibattendo il tema della prescrizione dei buoni fruttiferi postali: ad esempio il TAR del Lazio, con la sentenza n. 15916/2025, ha confermato la sanzione all’AGCM contro Poste, ritenendo ingannevole la mancata comunicazione chiara della scadenza ai risparmiatori.

In altri procedimenti, Tribunali di merito hanno riconosciuto il diritto al risarcimento per chi non ha ricevuto il Foglio Informativo, anche se l’azione restitutiva del buono è ormai prescritta, dando ampio spazio alla nozione di responsabilità contrattuale e obblighi informativi.

Considerazioni finali

L’ordinanza Cass. n. 18093/2025 segna un punto di rigore: chi gestisce titoli postali non può operare al di fuori dei limiti procedurali senza assumersi la responsabilità patrimoniale. Il ricorso per Cassazione non è un “terzo grado di merito”, e le valutazioni di fatto restano prerogativa dei giudici d’appello, purché motivate.

Per i risparmiatori che si trovano con buoni prescritti o scaduti, il caso ribadisce l’importanza di documentare eventuali lacune informative di Poste e valutare azioni di risarcimento, anche laddove il titolo non sia più riscattabile in via ordinaria.

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